Risalto #2 | Il Prossimo Concerto? - Riflessioni sulla riapertura
Le newsletter sono uno dei modi più diretti che abbiamo trovato per parlare con voi in questi anni e condividere quello che è sempre stato e sempre sarà il nostro obiettivo: leggere il mondo intorno a noi grazie a ciò che chiamiamo “cultura”.
Da qualche tempo abbiamo provato ad aggiungere un appuntamento al nostro calendario editoriale per raccontarvi qualcosa che ci sta a cuore attraverso le lenti colorate di SALT.
L’abbiamo chiamato RiSALTo.
Risalto #2 | Il Prossimo Concerto? Riflessioni sulla riapertura.
Intorno a metà dicembre 2020, in edicola usciva il numero 1388 di Internazionale, dedicato alla chiusura dei cinema, dei teatri, dei musei e dei concerti. “Il mondo della cultura lotta per sopravvivere alla seconda ondata di contagi” recitava il sottotitolo.
A quattro mesi di distanza soffriamo - e chi conosce SALT sa quanto sia profondo questo sentimento - nel dover constatare che nulla è cambiato e che abbiamo perso il numero delle ondate di contagi da Covid-19.
Durante una pandemia, in un momento così complesso come la gestione di un’emergenza mondiale, ci sembra indiscutibile che la priorità non sia la salvaguardia della cultura.Ad aprile 2021, però, viene da chiedersi in quale stanza del dimenticatoio sia precipitato questo settore, nella quasi totale assenza delle Istituzioni.
In questi giorni di riflessione, poi, ci siamo posti anche altre domande, cui non siamo riusciti a trovare risposta: perché in Italia non hanno riaperto i musei a prescindere dal colore delle zone? Ingressi limitati, prenotazioni online, distanziamento e mascherine obbligatorie sono solo alcune delle immediate norme di sicurezza che si potrebbero attuare in ogni realtà. Perché inoltre le librerie sono considerate alla stregua dei negozi di prima necessità (finalmente!) e dunque aperte anche in zona rossa, mentre i negozi di dischi no? Eppure, i principali megastore, alcuni ipermercati e alcune delle stesse librerie - essendo aperti - hanno la facoltà di vendere anche i suddetti dischi. Curioso, eh?
Nelle prossime righe vogliamo offrire un abbraccio virtuale a tutti i lavoratori nel mondo della cultura, che in Italia ammonta(va) a un quasi 4% sul totale degli occupati (dati Eurostat).
SALT esiste anche grazie a voi.
di Francesca Bianchi, Francesco Pandini, Alessandro Pigoni, Gabriele Zagni
Per raccontare un anno di (mancata) musica dal vivo in Italia bisogna partire da un evento che non c’è stato, ma che ha fatto moltissimo rumore. L’avevano chiamato emblematicamente L’Ultimo Concerto?: decine di live in altrettanti club, nella stessa sera, trasmessi gratis sul web - Cosmo al Fabrique, Colapesce e Dimartino ai Magazzini Generali, Lo Stato Sociale al Locomotiv di Bologna, i Marlene Kuntz al Fabrik di Cagliari, i Subsonica all’Hiroshima Mon Amour di Torino, Manuel Agnelli al Bloom di Mezzago, gli Zen Circus al Cage di Livorno.
L’Ultimo Concerto? nasceva come appello per la situazione insostenibile di un settore dimenticato da ogni agenda politica e che nel 2020 si è dovuto completamente fermare; prometteva di regalare una festa a tutti gli appassionati di musica, il 27 febbraio, e invece si è rivelato una riuscitissima provocazione. Chi pensava di assistere a un concerto si è trovato sullo schermo un semplice messaggio su sfondo nero, a rimarcare il disagio di un’intera categoria: “Un concerto senza musica non è un concerto. Un live club in silenzio non è un live club”.
In rete si è scatenata la polemica, con commenti al vetriolo di spettatori che si dicevano presi in giro e che Soundwall ha ben commentato: “Sia benedetto L’Ultimo Concerto? perché ha fatto emergere un problema che forse si sottovalutava. Ovvero: ma il pubblico sostiene veramente gli artisti che ama?”
Un momento discusso, e pure discutibile, che ha avuto merito di far parlare di questioni fondamentali per la sopravvivenza stessa della musica dal vivo, che ci è mancata e continua a mancarci come l’aria, salvo qualche sporadica occasione ci sia stata concessa anche nel 2020. A fine estate, infatti, ci siamo potuti godere i live “distanziati” di Lucio Corsi e Any Other al Tutto Molto Bello di Bologna (ma c’erano pure Tre Allegri Ragazzi Morti, Massimo Volume, Giorgio Canali e Calbro 35).
Abbiamo vissuto un’esperienza quasi trascendentale, a novembre, con il concerto di Caterina Barbieri in streaming al ClubToClub di Torino, e raramente si è visto un utilizzo più intelligente delle possibilità offerte dal digitale; e potete riguardarvi qui l’incredibile produzione dell’evento successivo, C0C 'The Festival As a Performance', con XIII e Kode9 a sonorizzare Milano in quella che Vice ha definito “un’opera corale che dà forma concreta e comunitaria al concetto metaforico di fondamenta, e dunque di underground, inteso come fertile sostrato culturale che opera sottoterra portando avanti i baluardi della sperimentazione più irriducibilmente indipendente”.
Per approfondire:
Vi invitiamo a leggere il manifesto firmato dai promotori de L’Ultimo Concerto?
Senza sorprese, è stato un anno drammatico per la musica dal vivo in tutto il mondo, e noi abbiamo provato a tenerne traccia seguendo reportage come il Global Ear di The Wire.
Da maggio 2020, il magazine ha offerto un microfono alle voci di artisti, scrittori e organizzatori di eventi di tutto il mondo per mostrare le reazioni - o le rese - alla pandemia da Covid-19. E così abbiamo letto del Cafe Oto di Londra, subito riconvertito in studio cinematografico per trasmettere performance live in streaming, mentre i gestori de La Station - Gare Des Mines di Parigi raccontavano del periodo di transizione che avrebbero affrontato gestendo anche spazi all’aperto e spostando la propria proposta musicale verso toni più soffusi.
Abbiamo studiato il micro e il macro. Sul numero di settembre, il collettivo queer Troublemaker raccontava la club culture politicizzata di Lisbona e la pubblicazione della compilation 001_Resistance con soli artisti di colore, preparandosi già per il dopo.
A ottobre, invece, si approfondiva il tema del clubbing a Berlino, storia di una città vittima del proprio successo: cento locali hanno chiuso nell’ultimo decennio, mentre gli affitti sono raddoppiati trasformandola in una specie di Silicon Valley europea; i club rimasti avranno bisogno di importanti sostegni economici per sopravvivere: qui il ritorno al prima sembra ancora più complesso, dato che il 30-40% di questa economia è retto dal turismo.
Abbiamo intravisto nuove possibilità nelle limitazioni. In Brasile, le radio online indipendenti hanno iniziato a dare ospitalità ai DJ che non avevano più la possibilità di esibirsi dal vivo e sono diventate dei veri e propri hub per nuovi stili emergenti da ogni angolo del Paese: la diversità è diventata la regola, un valore da preservare, e il successo di trasmissioni come il Brasil Grime Show ne è una prova. A luglio scorso, nel quartiere di Red Hook a Brooklyn, fantastici musicisti - per primo il giovanissimo compositore e teorico Julian Bennett Holmes, ogni domenica sera alle 7 - hanno iniziato a dare appuntamenti agli angoli delle strade per piccoli concerti improvvisati; George Grella, un grande critico musicale, ha ritrovato qui una magia primitiva e il senso profondo della musica dal vivo.
Per approfondire:
Sempre di George Grella vi consigliamo la lettura del saggio dedicato a Bitches Brew di Miles Davis
Nel mondo sono stati e si stanno avviando diversi esperimenti per capire come consentire di riaprire in sicurezza. Alcuni sono particolarmente sorprendenti. C’è stato, ad esempio, il caso del concerto di Barcellona con 5000 persone in un palazzetto dello sport. Oppure un esperimento in Olanda raccontato, tra gli altri, anche Linda Giannattasio di Piazzapulita (La7) in un breve video sui social diventato in poche ore virale, con più di 2 milioni di persone raggiunte, a mostrare - molto probabilmente - l’enorme desiderio di riapertura che c’è.
L’esperimento dell’Olanda per riaprire le sale da concerti è un vero e proprio trial scientifico. Locale: Zigodome. Amsterdam. 1300 persone. L’obiettivo: studiare come si diffonde il virus in un assembramento. Costo del biglietto: 15 euro. Per partecipare si sono prenotate più di 100 mila persone. Sono stati messi dei sensori sui corpi degli invitati per studiarne contatti e movimenti ed è stato fornito un cocktail fluorescente per vedere dove andassero a finire le goccioline con le urla e i canti dei partecipanti. I presenti erano stati testati ed erano tutti negativi. Sono stati divisi in 5 gruppi da 250 persone. Delle vere e proprie bolle tutte con regole diverse. Chi poteva urlare, chi doveva indossare obbligatoriamente la mascherina, e chi doveva stare senza.
Lo stesso Governo olandese sta sperimentando anche altre location: conferenze, spettacoli di cabaret e tifosi a un evento sportivo.
I risultati che presto si sapranno daranno risposte importanti.
Anche in Germania si stanno facendo tentativi simili. Il caso più eclatante è quello della città di Tubinga dove grazie a un sistema chiamato Tagesticket le persone possono farsi testare gratuitamente in giro per la città e, in caso di negatività, ottenere un braccialetto con un QR code. Quel QR code consentirà di accedere a una giornata di “libertà” tra shopping, eventi culturali (cinema, teatri, musei) e pranzi fuori. Anche i risultati di questo esperimento saranno studiati da metà aprile dall’università per trarne utili conclusioni.
La chiusura delle sale ha portato necessariamente un doppio danno: alle sale stesse ed alle produzioni cinematografiche. Queste ultime tuttavia non si sono mai realmente fermate, ma le produzioni più costose (si pensi a Marvel o al nuovo film di 007) sono state posticipate, dato che gran parte dell’introito deriva proprio dalle sale cinematografiche.
Meno colpiti il cinema indipendente e le produzioni più piccole, che hanno sempre avuto una distribuzione molto minore sul territorio. Diciamocelo, questo anno passato sarebbe stato perfetto per puntare proprio su queste: le piccole produzioni del cinema, magari locale. Un intervento di questo tipo andava ovviamente associato ad aiuto importanti alle sale cinematografiche, soprattutto a quelle piccole ed indipendenti.
Sorge spontanea la domanda: è stato fatto?
La risposta più semplice è no. Le piccole sale cinematografiche si sono aiutate da sole e le case di produzione più grandi sembrano quelle che, verosimilmente, beneficeranno quando tutto sarà finito. Un caso su tutti. Con un tempismo perfetto, nell’estate 2020 l’amministrazione Trump ha portato a termine un progetto iniziato l’anno precedente: smantellare il “Paramount Decree”, cioè la legge che dagli anni ‘40 vietava alle case produttrici di possedere i cinema e la catena di distribuzione (vietando di fatto che facessero cartello e trust). Con la rimozione del Paramount Decree, le sale cinematografiche in difficoltà rischiano di essere divorate dalle grandi Major. Questo apre anche la strada a nuove figure (Disney e Netflix, in primis) per acquistare anche altre fette di distribuzione, non solo quella in streaming. Potrebbe essere la fine dei piccoli cinema indipendenti, almeno negli USA. Speriamo davvero non sia così.
Inutile dire che una delle gioie del 2020, in un'estate bolognese così diversa dal solito, è stata la rassegna Sotto le Stelle del Cinema. Giunto alla ventiseiesima edizione, organizzato dalla Cineteca di Bologna e per una volta distribuito in due location differenti (Piazza Maggiore e BarcArena). L'evento ha mostrato una strada praticabile al rituale collettivo del cinema all'aperto anche in tempi di Covid19, nel rispetto assoluto delle regole imposte (prenotazione, distanziamento). E da una programmazione meravigliosa - e, come da tradizione, completamente gratuita - ci piace portarci nel cuore il ricordo di centinaia di spettatori rapiti davanti a Cleo, dalle 5 alle 7, Un Mercoledì da Leoni, Nico, 1988, Andrej Rublev, Il Sorpasso, Fa' la cosa giusta, Otto e mezzo, A qualcuno piace caldo, Caro Diario o i Blues Brothers. Nell’unico modo possibile: insieme.
Un’altra simile storia di successo di cinema vs pandemia, è quella organizzata a Roma da “I ragazzi del cinema America”. Famosi in tutta Italia (loro e nostro malgrado) per le aggressioni fasciste subite lo scorso anno, già a maggio 2020 avevano annunciato: “Il nostro obiettivo è opporci al distanziamento sociale, mantenendo quello fisico”. E così è stato, nelle arene di Piazza San Cosimato, Ostia (Porto) e del Casale della Cervelletta. Nella città dove tutto appare spesso complicato, i ragazzi del Cinema America hanno trovato una soluzione molto semplice che ha consentito di mantenere la fruizione gratuita: bastava prenotarsi sulla piattaforma prenotaunposto.it e scegliere l’evento. In piazza, le aree prenotate erano ben delimitate al suolo. Tra gli spettatori, l’edizione 2020 ha annoverato anche l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Roma aspetta l’estate 2021 per tornare al cinema.
Anche a Milano non ci si è potuti lamentare durante l’estate del 2020, a livello cinematografico, dove è riuscito a sopravvivere lo storico festival AriAnteo. Le serate meneghine sono state allietate all’aperto e in totale sicurezza in location esclusive come il Chiostro dell’Incoronata, il cortile di Palazzo Reale e la nuovissima edizione nei giardini della Triennale di Milano. E’ stato straordinario rivedere pellicole sul maxischermo e non riusciamo a descrivervi quanto ci manchi farlo in questi mesi, ma siamo certi che stiate provando la stessa nostalgia.
Infine, viene da chiedersi, cos’altro si sono inventati nel frattempo i piccoli cinema per ripartire? Come spesso accade, gli scenari sono differenti: sempre a Milano, il Cinemino ha avviato un bellissimo podcast dedicato agli aneddoti e approfondimenti sul cinema, sulle star e i retroscena del grande schermo. Non è andata bene, invece, allo storico Cinema Scipioni nel quartiere Prati di Roma, che dopo un’intensa attività di 40 anni, si è visto costretto ad abbassare per sempre la saracinesca. Il proprietario, il maestro Silvano Agosti ha commentato così la sofferta decisione: “Non si uccide l’oceano dando coltellate all’acqua. Così non si può uccidere la cultura”.
LA CULTURA ALLA PROVA DELLA PANDEMIA, TRA LE RIGHE DI SALT
Già dal primo giorno di quarantena abbiamo raccolto in un articolo (ancora) in continuo aggiornamento le iniziative, i siti, i data base, le librerie e le teche tranquillamente consultabili da casa propria. Prendete e fruitene tutti.
Libri per il tempo sospeso. Consigli di lettura raggranellati per i giorni di quarantena, ma che resteranno utili sempre.
Questo è un diario che rimarrà. L’apprezzamento delle piccole cose. Una città vista dalla finestra. Nuove abitudini. Nuovi sguardi. Un piccolo decameron personale. La prima prova della quarantena.
E questo è il suo seguito. Perché non è finita in fretta. Perché c’è stato altro tempo per osservare, pensare, sublimare.
‘Portals’ dei Tesseract è un live streaming di gran qualità. Musica dal vivo, senza pubblico. Un bel tentativo.
Nelle prime settimane di quarantena siamo andati in Islanda. A un concerto. Senza muoverci mai da casa. Un modello che forse rimarrà: quello delle Airbnb Experiences.
‘Ce l’ho Corto’ è un festival bolognese dedicato al cortometraggio, che quest’anno si è spostato online. Un festival che ha un forte legame con la città e col territorio, ma grazie alla situazione contingente ha raggiunto un pubblico più ampio.
Testimonianze belle e importanti, dense di Storia ed emozione, dal Torino Film Festival di quest'anno. "Ouvertures" di Louis Henderson e Olivier Marboeuf travolge e non può lasciare indifferenti.
UN ALTRO PO’ DI COSE DA LEGGERE (Se non ne avete avuto abbastanza)
Il mondo dello streaming sembra terribilmente simile al vecchio sistema di Hollywood. Una riflessione su Slate.
Quattro modi in cui la decisione del Dipartimento di Giustizia USA di smantellare il Paramount Decree potrebbe cambiare radicalmente l’andare al cinema. Su Polygon.
C’era una volta il bar - “Innovazioni politiche, culturali ed economiche sono spesso nate intorno a un tavolino. Elogio di un luogo che ci manca” (suggerimento raccolto dalla Newsletter settimanale di Nightreview, articolo di RivistaStudio).
OGR - Officine Grandi Riparazioni Torino ha organizzato dei concerti in streaming per riportare la musica sul palco. Una bella notizia.
Gli esseri umani si sono riuniti nell'oscurità per ascoltare storie sin dall'invenzione del linguaggio. È parte indelebile di ciò che siamo e del modo in cui ci leghiamo gli uni agli altri. L'esperienza della sala cinematografica è una riproduzione di questo raduno primordiale, le fiamme di un fuoco sostituite da immagini in movimento che raccontano la storia stessa.
Quando questo uragano avrà finito di attraversare il mondo intero e inizieremo a raccogliere i cocci, l’esperienza del cinema tornerà com'era prima? Probabilmente non in ogni dettaglio: questo blocco universale è stato uno shock senza precedenti. Ma credo che il bisogno profondo dell’essere umano di lasciare l'isolamento di casa propria e riunirsi in quell’oscurità illuminata dal fuoco con altri simili fornirà un canale irresistibile per guidare la riapertura dei cinema e forse perfino la loro reinvenzione.
Da: The Guardian