Non è necessario bruciare libri. Basta convincere la gente a smettere di leggerli (cit.)
Aprile 2025
“Dai alla gente concorsi a premi in cui basta conoscere le parole delle canzoni più famose, le capitali degli Stati o quanto granturco si è prodotto l’anno scorso nell’Iowa. Riempila di informazioni innocue, rimpinzala di tanti “fatti” e si sentirà intelligente solo perché sa le cose. Loro crederanno di pensare, avranno l’impressione del movimento anche se non si muovono affatto. E tutti saranno felici perché i fatti di quel genere non cambiano. Non dargli armi sdrucciolevoli come filosofia, sociologia e altri strumenti per collegare le cose, perché è là che si annida la malinconia”.
Nella newsletter di un anno fa, preciso preciso, inserivamo questa quote tratta da Farhenheit 451 di Ray Bradbury. Inconsapevoli che la realtà, solo 365 giorni dopo, ci sarebbe andata sempre più vicina.
È il 16 aprile 2025 quando l’amministrazione Trump decide di minacciare ufficialmente Harvard: se non si piega alle richieste della Casa Bianca, perderà il diritto di ammettere studenti stranieri.
Due giorni prima, erano già stati congelati 2,2 miliardi di dollari di finanziamenti federali. E subito dopo sono arrivate le dichiarazioni dirette del Presidente, tra cui: “Harvard non è più una vera università”, “insegna odio e imbecillità”, “assume solo radicali e cervelli di gallina” e via dicendo.
L'accusa formale? Non aver contrastato in modo sufficiente l’antisemitismo durante le proteste studentesche contro l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.
La verità è più complessa – chi l’avrebbe mai detto - va molto oltre la cronaca recente.
In questo momento università come Harvard sono un simbolo.
Un’idea, quella che il sapere possa essere libero, inclusivo, potente, che, evidentemente, fa ancora molta paura. E fa paura soprattutto ad amministrazioni che basano il loro consenso su una mistificazione della realtà e sulla mancanza di istruzione di elettori più facilmente manipolabili.
Se l’università non si lascia governare, allora va colpita.
Se il pensiero critico non si può comandare, allora si prova a zittirlo.
In questi giorni, infatti, anche università come Yale, Columbia, Stanford, MIT, Cornell, Northwestern, Brown, Princeton, l’Università della Pennsylvania hanno subito pressioni simili o hanno espresso solidarietà, dichiarando apertamente che il dissenso non può essere soffocato, che le università devono restare spazi liberi per il pensiero, anche quando fa paura. Per questo, quindi fino a 150 prestigiosissimi atenei hanno fatto causa all’amministrazione Trump.
Quello che sta accadendo oggi negli Stati Uniti non è una questione “interna”, e ovviamente non riguarda solo l’antisemitismo (sbandierato a orologeria). È molto di più: è la vecchia guerra tra chi ha bisogno che la realtà sia semplice (e quindi controllabile) e chi accetta che sia complessa, scomoda, piena di domande senza risposta.
È la paura di una cultura che non consola, ma smonta, di una cultura che non addestra, ma forma, di una cultura che non proclama ciò che è giusto, ma che incentiva a farsi domande.
E forse è anche per questo che, da questa parte dell’oceano, in Europa in generale, ma in Italia in particolare, sentiamo il colpo più forte. Perché in fondo siamo tutti cresciuti guardando a quei campus americani come a fucine di futuro, dalle serie TV più squallide ai film da Oscar, dalla borsa di studio in sogno all’aula di lezione che diventa rivoluzione, ci siamo imbevuti di quelle idee e quegli ideali. L’università come luogo del possibile, ma anche il pensiero critico come materia viva e i dibattiti pubblici come palestre di pensiero.
Forse erano solo gli anni Novanta. Forse era l’assenza di un mondo davvero globalizzato. O forse era una speranza autentica: che da qualche parte ci fosse un modello più giusto, più libero, più avanzato a cui guardare. Con tutti i limiti del caso, oggi così evidenti da farci sembrare tutti ingenui, quaggiù.
Del resto, se l’America detta la direzione, è difficile immaginare che il resto del mondo (occidentale) non segua, anche quando la deriva è così preoccupante. E allora è facile pensare che anche qui, lentamente, qualcuno stia imparando la lezione: che quando la cultura fa paura, si prova a metterla a tacere.
Magari non con la censura violenta, Dio non voglia. Ma con il ridicolo, con il sospetto, con la retorica dell’inutilità…
Oggi non serve prendere le parti di un’università o di tutta l’Ivy League. Serve ricordare, senza idealizzare, perché crediamo ancora in quel sogno ostinato: quello di poter (e dover!) dire la propria senza paura, senza doverne temere le conseguenze.
Perché non c’è niente di più potente di una comunità che legge, che discute, che guarda un film e poi ci pensa su. Che cambia idea. Che si espone. Che evolve.
Grazie per averci letto anche questo mese,
Alessandro, Francesca, Gabriele
P.S. Fun fact (ma manco troppo): ora immaginatevi Francesca e Alessandro, all’epoca due pischellini con zaino in spalla e macchina foto a tracolla, che visitano insieme ad altri brufolosi coetanei il campus di Harvard. Correva l’anno 2006 e comprare la tazza più trash di tutti gli States era la loro massima aspirazione.
📌 Letture eSALTanti, consigliate o semplicemente necessarie
Populous, Il producer salentino è andato sulla ‘Isla Diferente’, a Lanzarote, per allontanarsi – geograficamente e spiritualmente – dalle logiche del mainstream, dalla Milano in cui lasciarsi andare significa farsi un pezzo di coca, dall’idea di farcela a tutti i costi con la musica. L’intervista su RollingStone.
Abbiamo bisogno del copyright? Forse no. La pirateria è ancora oggi un atto di disobbedienza civile. E sì, avremmo tutti voluto essere pirati, nella nostra vita! Mai dire mai…
Anche voi vi siete fatti la vostra foto in versione Studio Ghibli? Per poi pubblicare le parole di fuoco che (ormai diversi anni fa) Myazaki aveva rivolto alle Intelligenze Artificiali? Ecco. Il fenomeno della Ghiblification è una delle interessanti chiavi di lettura delle IA, ma rimanda a concetti di arte molto più antichi, all’idea della copia e di cosa rappresenta. Detto ciò, fateci essere maligni: se ChatGPT può essere così sfacciatamente in grado di riprodurre il formato Ghibli, qualcuno glielo ha concesso (magari dietro compenso? Se proprio dobbiamo essere cattivi…). Non serve stracciarsi le vesti!
Da leggere, qui, su TheBunker.Una masnada di “intellettuali” nostrani (si è scomodato anche Rick Du Fer ommammaaaa) si è lanciata nella crociata contro Ipnocrazia, edito da Tlon, perché è scritto (in parte almeno) con l’ausilio dell’IA, in un esperimento letterario forse senza antecedenti. Il problema è che i temi delle critiche sono gli stessi che venivano mossi a Eco negli anni ‘80 per aver scritto Il Pendolo di Foucault con l’ausilio del computer: la non umanità (tante altre critiche si potrebbero muovere, sia chiaro). Le crociate, quelle senza senso, su L’Indiscreto.
📌 Cosa stiamo guardando in questi giorni?
Cosa stiamo guardando, divorando o facendo finta di guardare in questi giorni per non essere gli unici muti alla macchinetta del caffè.
Black Mirror | Stagione 7 (Netflix)
Qualche puntata disturbante non è mancata, ad esempio la 7X01 (no spoiler!).
Forse, però, è vero che Black Mirror non ci fa più così tanto effetto, perché la realtà talvolta supera la finzione. Sarebbe un po’ come se il Presidente degli Stati Uniti lanciasse pubblicamente un messaggio di cordoglio per il Papa appena mancato, a fianco di un coniglio gigante che saluta la folla per Pasqua. Oppure, ancora, sarebbe come immaginare un gigantesco blackout elettrico nella penisola iber… ah no!
Andor | Stagione 2 (Disney+)
La serie di Star Wars dove non compaiono spade laser, ma solo gente comune che si ribella ad un impero che non è mai stato così cattivo.
L’ultima puntata della prima stagione ci aveva straziato. Le prime puntate di questa seconda (e conclusiva) stagione sono un po’ in sordina, ma siamo fiduciosi nel climax che c’era stato anche per la prima stagione. In un momento storico come quello in cui viviamo, risulta ancora più importante parlare di ribellione, di imperi tecnocratici e oligarchici, e di umanità.
📌Facciamolo durare, questo 25 Aprile
C’è un nuovo podcast del Post che si chiama Una mattina per raccontare cos’è la Resistenza. È scritto e raccontato da Luca Misculin, e la prima puntata è uscita appunto il 25 aprile. Qui.
Tra le traduzioni più significative di Lussu: la Lettera a Luigi, forse uno dei più importanti documenti della Resistenza italiana, ovvero l’ultima lettera di Giaime Pintor, ventiquattrenne, al fratello Luigi, pochi giorni prima di morire dilaniato da una mina tedesca. Era il 28 novembre 1943. Da questo pezzo su SALT.
Buone nuove! Aver rimandato un concerto il 25 aprile significa potervi ancora partecipare il 16 maggio e ascoltare Melissa Fontana, una delle anime di SALT, con Amara Terra Trio. Qui tutte le info e le date.
Ci sono storie che sembrano scritte dall’ironia del caso. Eppure sono tanto vere quanto necessarie. Una di queste storie è quella di Lanciotto Gherardi, partigiano livornese della III Brigata Garibaldi, membro del PCI dall’anima anarchica. Un antifascista militante ma soprattutto combattente per la Libertà, quella con la L maiuscola. Eva Giovannini ha raccontato la sua storia in una graphic novel.
📌 Un’opera di street art
Ma voi sapete che ogni venerdì pubblichiamo una foto di street art sul nostro profilo Instagram?
E il mercoledì (non sempre, solo quando ce lo ricordiamo) un “perfect frame”, ovvero una scena di film per noi significativi.
→ Potete seguirci qui.
Questa settimana, però, abbiamo scelto di condividervi un’opera di Laika decisamente… a tema. (suggerimento: leggete anche il post che ha scritto per raccontarla)
📌 Nuovi eroi
Abbiamo già l’eroe di questo Conclave
Da Huffington Post.
📌 Codici sconto per voi (hurraaaaaay!)
Eccoci qui, solito link alla pagina di Substack (che talvolta dimentichiamo di aggiornare, ok), ma mediamente è utile e da voi molto apprezzata 🙂
Fateci sapere se avete brand da segnalare!
📌 Un pizzico di sale in più (grazie!)
Come sapete, la newsletter di SALT è gratuita e vorremmo che rimanesse tale per molto tempo a venire: la cultura è di tutti, no? Ci si prova, quantomeno.
E come ogni prodotto web based, anche SALT ha dei costi fissi annuali che dobbiamo coprire e ogni tanto ha bisogno di qualche lavoro di restauro per essere sempre così incredibilmente figo come lo vedete.
Come i più affezionati di voi sanno (fin troppo bene), abbiamo creato una pagina in cui riassumiamo i modi principali per poter collaborare con noi o sponsorizzare il vostro brand tramite SALT.
Potete sostenerci sia che siate singoli utenti sia che abbiate un brand.
Grazie davvero per il prezioso sostegno!
📌 Consigli di trascurabile utilità
Sound: Post Mortem, il nuovo album de I Cani
Action: Queer di Luca Guadagnino (al cinema, da vedere soprattutto per la prima parte)
Literature: Esce a breve la nuova traduzione di Portnoy di Roth, primo libro dell’autore ripubblicato per Adelphi. E il 16 maggio al SalTo lo presenterà Carrère!
Trip: A maggio apre a Roma la World Press Photo Exhibition al Palazzo delle Esposizioni.